Petronilla Paolini Massimi - La vita

La Vita - (sintesi scritta da Mauro Martelli e Luca Ricciardi)

1663 – 1667
L’infanzia marsicana
Petronilla nasce a Tagliacozzo il 24 dicembre del 1663, da Francesco Paolini di Magliano, barone dei feudi di Ortona e Carrito, e Silvia Argoli, appartenente ad una delle famiglie più illustri di Tagliacozzo. Vive probabilmente a Magliano de’ Marsi, presso la casa paterna, fino a quando, nel 1667, si trasferisce con la famiglia nel feudo di Ortona. Ma la permanenza in quel luogo non dura molto. Il padre, uomo di fiducia di don Lorenzo Onofrio Colonna, potentissimo nobile romano e duca di Tagliacozzo, il 13 febbraio del 1667 viene misteriosamente assassinato. Nessuno verrà mai condannato per l’omicidio ma il sospetto più fondato ricade proprio su don Lorenzo.

1667 – 1673Calcografia
Nel monastero romano dello Spirito Santo
Silvia Argoli e la figlia Petronilla ereditano un cospicuo patrimonio ma, forse proprio per questo, non sono più al sicuro nella loro casa, insidiate anche dall’avidità dei parenti più stretti. Scappano a Roma nel 1667 accompagnate dal fratello del padre, che presto rivela le sue vere intenzioni appropriandosi di una parte del patrimonio. Dopo alcuni anni approdano in quello che sembra l’unico luogo sicuro: il monastero dello Spirito Santo, nei pressi del Foro Traiano. Qui passano alcuni mesi apparentemente tranquilli, durante i quali Petronilla manifesta per la prima volta la sua passione per le lettere, leggendo il Tasso e, così dichiara il suo primo biografo, mandandolo a memoria. Presto però la quiete ritrovata viene turbata dagli ingordi desiri della nobiltà romana, impaziente di combinare un matrimonio di interesse per impossessarsi della dote di Petronilla. Tra i pretendenti alcuni più degli altri possono imporsi sulla volontà di Silvia Argoli, una donna sola con sua figlia, senza protezioni politiche e con un disperato bisogno di trovarne: sono i membri della famiglia Massimi, imparentata con il nuovo pontefice Clemente X.

1673 – 1690
La sposa bambina
È Francesco Massimi il futuro marito di Petronilla. Vicecastellano di Castel Sant’Angelo, militare di carriera e, quel che più conta, uomo quasi quarantenne. La differenza d’età non pregiudica un affare tanto redditizio. Il papa interviene in favore del cugino con una dispensa ob defectum aetatis che rende il matrimonio comunque legittimo. Le nozze si celebrano nella cappella del monastero, l’8 novembre 1673. Petronilla non ha ancora compiuto i dieci anni. Deve, data l’età, fermarsi ancora per un po’ nel monastero, al fianco di sua madre. Poi, nel 1675, si trasferisce al palazzo Massimi in Ara Coeli, sotto la tutela della vecchia cognata di Francesco. Infine, nel 1678, raggiunge il marito a Castel Sant’Angelo, al tempo adibito a carcere e dimora delle guardie pontificie.
Gli anni vissuti a Castello sono forse i più tormentati. Proibizioni, minacce, rigore e severità proprie della mentalità marziale del marito si aggiungono alla già triste condizione di sposa bambina, costretta ad accettare le rozze pulsioni di un uomo maturo, incapace di comprendere la sua sensibilità e il suo trasporto per l’arte e le lettere, mortificati come un imperdonabile oltraggio al decoro.
Tra i pochi lieti eventi di questo periodo la nascita dei figli: Angelo (1679), Domenico (1681) ed Emilio (1682).
Nonostante la gelosia e i divieti del marito, che arriva a toglierle penna e calamaio, Petronilla riesce a scrivere in questi anni alcuni componimenti che le procurano una discreta notorietà. Si tratta di opere a carattere religioso o celebrativo che costituiscono le prime prove di una difficile carriera letteraria.

dipinto Petronilla1690 – 1694
La fuga
Esasperata dalle angherie del marito Petronilla decide di abbandonare Castel Sant’Angelo e tornare in monastero. Qui ritrova la madre e una certa serenità. In questi anni approfondisce gli studi, si dedica alle lingue straniere, alla filosofia e ai versi. Ma la lontananza dai figli e la stretta dipendenza economica dal marito non le rendono facile l’esistenza. Della grossa dote ricevuta col matrimonio Francesco non vuole cedere nulla alla moglie, costretta a vivere con poco. Inoltre, quasi per ripicca, le è vietata la vista dei figli, unica consolazione di quell’unione infelice. Petronilla sopporta ogni imposizione del marito fino a quando, alla fine del 1694, il figlio Domenico si ammala. Anche in quest’occasione Francesco è irremovibile nel suo divieto. Il figlio muore senza poter vedere per l’ultima volta sua madre. È questa l’estrema angheria che provoca in Petronilla una nuova consapevolezza. Da quel giorno affronterà la sua sorte con vigore nuovo e inaspettato.

1694 – 1707
La poetessa di Roma
Inizia nel 1694 tra Petronilla e il marito una battaglia legale per la separazione di letto. Francesco Massimi ritiene illegittimo l’abbandono del tetto coniugale e vorrebbe sospendere il sostegno economico alla moglie. Petronilla reclama la sua dote, sperperata dal consorte senza alcun beneficio per lei. Nel 1697 c’è la prima sentenza, favorevole a Francesco, che le consente comunque di restare in monastero. Ma la causa tra i coniugi durerà ancora a lungo, almeno fino al 1701, quando Petronilla ottiene un riconoscimento seppur minimo delle sue ragioni.
Questi anni di conflitto, che rafforzano in lei la coscienza della propria identità, coincidono sul piano letterario con l’elaborazione di una poetica e di uno stile più chiari e maturi, in cui i tratti più originali sono rappresentati da elementi autobiografici utilizzati in chiave di denuncia di un sistema sociale basato sul potere dell’uomo e sulla presunta inferiorità femminile.
Il suo talento viene riconosciuto dagli intellettuali dell’epoca con cui stabilisce importanti relazioni. Fa il suo ingresso in numerose accademie letterarie: gli Infecondi di Roma, gli Insensati di Perugia e soprattutto l’Arcadia, la più illustre e potente accademia dell’epoca, che le permette di essere apprezzata oltre che a Roma in altri importanti centri culturali della penisola.
Nel 1707 Petronilla lascia il monastero e si trasferisce a palazzo Massimi all’Ara Coeli rientrando in possesso del suo patrimonio e della sua libertà. Francesco era morto infatti quello stesso anno a Ferrara, dove era stato inviato con i due figli a guidare le truppe in difesa dei confini dello stato pontificio. In punto di morte aveva scritto alla moglie chiedendole perdono per tutte le sofferenze che le aveva procurato. Petronilla, compassionevole, glielo accordò, in una lettera di risposta che però il marito non poté mai leggere.

1707 – 1726
La pace degli ultimi anni
Morto il marito Petronilla torna a vivere con i figli, insieme alla vecchia madre. Abituata forse alla calma dei chiostri, continua anche a palazzo uno stile di vita sobrio, dedito allo studio, alla scrittura, alla preghiera. Può finalmente ricomporre il rapporto con i figli, che non aveva potuto incontrare per più di dieci anni, e può frequentare con più assiduità i salotti letterari della capitale, aprendo anche la sua casa agli incontri dei poeti arcadi.
Del 1709 è un viaggio nella Marsica, a ritrovare i luoghi d’infanzia. Nel 1715 la morte della madre, unico affetto costante della sua vita, la getta in uno sconforto che l’accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni. Muore per una “infiammazione di petto” il 3 marzo del 1726. Viene sepolta nella Chiesa di S. Egidio in Trastevere, dove ancora oggi è conservato il monumento funebre che la ritrae in una delle rare immagini a noi pervenute.